giovedì 30 maggio 2013

Mondi attigui

La casa di Arcidano era il centro del mondo. Era un mondo, ma era collegata a molti altri mondi, vicini e lontani. Con la casa di S'Archittu c'era da qualche parte un passaggio segreto, ovviamente metafisico e transrazionale, ma del tutto reale. Altri mondi lontani si chiamavano Busachi e Narbolia. Il viaggio verso Busachi era un'ascesa, richiedeva il passaggio di infinite curve e iniziava con un vero e proprio rito iniziatico: in fila ognuno riceveva un cucchiaino di una misteriosa pozione, che avrebbe evitato qualsiasi tipo di problema, in particolare la nausea. In questo lunghissimo viaggio la Lancia Fulvia rappresentava uno spazio dilatato, nel quale trovavano posto un numero quasi indefinito di persone (Ma di quanto succedeva nella Lancia Fulvia parleremo un'altra volta). Il viaggio verso Narbolia era più facile e aveva un primo snodo al km 99 della Carlo Felice. Gli altri tre snodi: la casa delle zie, la casa dei nonni (propriamente Narbolia) e la tappa finale da zia Giacinta e zio Antonico potrebbero essere argomento di un blog a sé.
La casa di Arcidano era il centro del mondo. Era un mondo, ma era collegata a molti altri mondi, lontani e vicini. Per questioni di sopravvivenza ci si rivolgeva a tziu Sergiu, e si poteva accedere al suo negozio a tutte le ore del giorno, in tutti i giorni dell'anno. In seconda battuta - un po' più lontano - si poteva anche passare da tzia Sara.
Altri mondi attigui erano la scuola elementare Grazia Deledda e la Chiesa parrocchiale.
Un mondo piuttosto lontano, ma questa volta raggiungibile a piedi, era la casa di Susanna, passeggiata domenicale dopo la messa delle 9.30.
Ma per me il mondo più affascinante per anni e anni è stato il negozio di signorina Maria Cera.
Non so se questo pensiero sia condiviso, ma per me signorina Maria Cera era la Lumaca, che nel film Pinocchio di Comencini mentre il burattino disperato batteva alla porta della fata Turchina sotto la pioggia, non arrivava mai, mai, mai, mai ad aprire la porta, e quelle scale non finivano mai, mai, mai (a questo film posso attribuire grandi gioie e turbamenti della mia infanzia).
Quando il negozio di signorina Maria Cera era un'edicola, era uno snodo domenicale. Dopo la messa avevamo la possibilità di comprare un giornalino.
Quando il negozio si trasformò in qualcosa di mai visto prima, per me fu un trauma. Che signorina Maria Cera non vendesse più giornalini non glielo ho mai perdonato completamente.
Entrare in quel negozio era fare esperienza - positiva, negativa, angosciante, dipende dai punti di vista - della lentezza. Non c'era fretta in quel mondo. Non esistevano vere preferenze. Gli ultimi arrivati valevano come i primi, senza forzature, pazientemente, lentamente, con professionalità, senza mai un moto di stizza verso il cliente noioso. Il fascino di signorina Maria Cera era assoluto, la sua mitezza proverbiale.
E poi c'erano altri mondi: la riforma, Gentibis (inspiegabilmente segnalato come Gentilis nei cartelli stradali), San Gavino, Oristano, Cagliari, Bugerru.
Ma la casa di Arcidano era il centro del mondo.

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